Il 21 luglio alle 19.30 non mancate al nuovo incontro curato da Casa delle Culture per la rassegna Una mole di carta in compagnia di un ospite straordinario: Antonio De Signoribus. Scrittore, giornalista ed esperto di cultura orale, l’autore, conosciuto come il Grimm marchigiano, ha partecipato ad importanti rassegne nazionali e internazionali.
Ha pubblicato diversi libri tra i quali ricordiamo Fiabe e Leggende della Marche (Newton Compton Editori, 2009), Segreti e storie popolari delle Marche (Newton Compton Editori, 2011) e il Ceppo di Natale (Zefiro, 2016)
Alla rassegna presenterà la sua ultima fatica: “L’uovo di cavalla. Fiabe, leggende e storie bizzarre raccolte e riscritte”, antologia edita da Zefiro edizioni.
Storie “riscritte” non con l’intento di semplificare o normalizzare la lingua vivida e pulsante propria del racconto popolare, ma con lo scopo di ridar vita e conciliare le tante varianti e sfumature di tali narrazioni che fanno dell’esser ri-narrati e rielaborati il nucleo della loro natura orale.
Così, grazie al minuzioso lavoro dell’autore che, come si legge nell’introduzione di Allì Caracciolo, “istituisce una grammatica della riscrittura pienamente coerente, per aspetti formali, lingua, lessico, sintassi, con la narrazione orale e con gli antichi documenti scritti, ma proiettata in direzione della modernità”, abbiamo la possibilità di immergerci nella magia degli antichi saperi con facilità e immediatezza.
De Signoribus mantiene un elemento della narrazione orale di estrema efficacia: gli ammiccamenti, le espressioni dirette all’interlocutore come “sentite questa, ha dell’incredibile”, “questa è troppo forte!”, “basta, lasciamo perdere, che a raccontarle tutte ci vorrebbe una settimana”, “stretta la foglia larga la via, dite la vostra ch’io ho detto la mia”, captatio benevolentiae rivolte al lettore ma che per il loro carattere colloquiale presuppongono anche la presenza di un ascoltatore del quale stuzzicare la curiosità.
Nei 65 racconti racchiusi nell’antologia troviamo fiabe attinte dalle aree contadine del Centro Italia, suddivise in sette tracciati narrativi che già dal titolo e dall’illustrazione di accompagnamento, ci immergono nell’atmosfera voluta dall’autore.
Abbiamo Incubi, paure e altri brutti pensieri che tra giganti, fossi inferi, cuscini stregati e case infestate ci trasmettono quell’inquietudine e oscurità che così spesso troviamo nel racconto popolare; storie che venivano sussurrate intorno a un fuoco o usate per ammonire i bambini sui mali del mondo. Troviamo riferimenti alle Marche e alla “paganità dei Monti Sibillini”, luogo prediletto da magici eventi che l’autore ha trattato ampiamente nelle sue precedenti pubblicazioni. In Amori, principesse e sortilegi incontriamo giovani ragazze dalla “boccuccia bella”, sirene, pecore innamorate e melograni che una volta spaccati liberano soavi fanciulle. Racconti che indagano la femminilità e la malìa delle passioni. Poi si passa a Storielline, facezie ed altre amenità, rapidi aneddoti divertenti e salaci battute, perché stare in allegria è sempre una priorità.
Con Astuti e creduloni, cornuti e imbroglioni, incontriamo personaggi come Fagiolino, un uomo così piccolo da passare nei buchi delle serrature, streghe che rubano mele e l’immancabile storia di corna con lieto fine, narrata dall’autore con benevolenza come a far intendere che a volte bisogna capirla questa umanità fallace. In Coglionerie e altre stupidità leggiamo di Cincilì il trasandato, di scherzi finiti male e dell’uovo di cavalla che dà il titolo alla raccolta che, come si può intuire, racchiude in sé un grande inganno. Casi strani, eroici e bizzarri è la sezione più ampia della raccolta e presenta i racconti più lunghi. Storie articolate che racchiudono tutti i topoi dei racconti popolari: aiutanti animali, oggetti magici, stirpi reali e contadini furbi, ma propone anche picchi visionari come anatre carnivore, castelli semoventi e donne tricheco.
L’ultima parte è quella dedicata alle immancabili streghe: Ed ecco le streghe! che ci mette in guardia consigliando rimedi e precauzioni per scacciarle dalle case e per curarsi dalla licantropia.
L’eterogeneità di queste narrazioni è riscontrabile anche nella temporalità labile, sovrapposta, quindi mitica: le esecuzioni si fanno col fucile, altrove tagliando la testa; padri rassegnati staccano assegni, altri donano monete d’oro; si torna in taxi e a cavallo; si narrano le gesta di sindaci e re, avvocati e cavalieri, soldati e carabinieri. Un piacevole spaesamento che ci ricorda quanto le fiabe siano necessarie in tutte le epoche.
Le narrazioni di De Signoribus fondono dolcezza e crudezza, accanto a morali narrate con tono tenue e sognante si accostano le frustate, le morti e gli scannamenti. Ma non per questo, come ci ammonisce l’autore nell’introduzione, devono essere nascoste ai bambini:
la fiaba popolare nel rispecchiare la visione magica e animistica che il bambino ha delle cose, i suoi stupori, le sue paure, i suoi desideri impossibili, esorcizza incubi sepolti nell’inconscio, placa inquietudini, aiuta a superare insicurezze ad accettare responsabilità con un linguaggio non realistico che è l’unico da lui pienamente percepibile. Quindi non bisogna temere le fiabe popolari, come pensano certi genitori, anzi bisogna tornare a a leggerle sempre più intensamente, magari bambini e adulti insieme.
Un ultimo grande merito va dato all’autore: il saper fondere sapientemente un tono sfrontato e mordace a brillanti frammenti di forte lirismo, che avvolgono il lettore in atmosfere arcaiche e rarefatte, tra fiumi che mormorano “d’un’sospiro uguale e antico” e “vallate fin giù a perdita d’occhio dove la campagna si addolcisce e il cielo si scolora”, dai quali sarà difficile separarsi per tornare alla realtà.